lunedì, dicembre 31, 2012

Confusione tra autore e narratore


Per uno scrittore, è importante conoscere la differenza tra autore e narratore. Volendosi informare, basta leggere un qualsiasi manuale di scrittura, e si trovano molti riferimenti anche online (soprattutto in lingua inglese).


La voce dell'autore e quella del narratore vengono in risalto in misura diversa a seconda del punto di vista utilizzato (PoV). È chiaro, infatti, che in un brano scritto in terza persona sarà più difficile che le due voci si confondano.

I problemi sorgono quando il personaggio esprime delle idee in prima persona: quante volte ci è capitato di sentire un autore insultato a causa dei contenuti dei suoi romanzi? Non è forse vero che più volte sono state attribuite a un autore delle idee misogine, razziste o violente, che in realtà erano state espresse da uno dei suoi personaggi? Più volte mi è capitato di leggere delle citazioni di libri firmate con il nome di un autore: in realtà, esse erano state proferite da uno dei personaggi, e non direttamente da quell'autore. Ciò non fa che aumentare la confusione tra autore e narratore.

Invero, questo è un problema del lettore, più che dello scrittore. Sono finiti i tempi in cui i letterati davano ai loro scritti uno scopo didascalico o maieutico (a parte rari casi, in cui l'autore usa la tecnica della surrogazione, cioè utilizza il suo personaggio per entrare nella storia ed esprimere il suo punto di vista, come Crichton in Jurassic Park). Già con Verga, se ricordiamo, non solo l'autore, ma anche il narratore teneva il più possibile le distanze dai personaggi, evitando di dare o suggerire giudizi morali sulle loro azioni. Tale tecnica narrativa è chiamata "tecnica dell'impersonalità". In Verga, però, tale espediente è parzialmente limitato dall'utilizzo del discorso indiretto libero.

Il lettore ignorante, che non è abituato a leggere l'alta letteratura, e che non ha la più pallida idea di come funzionino le tecniche narrative, tenderà a pensare che autore e narratore in prima persona coincidano, anche nel caso in cui i due siano diametralmente opposti (uomo/donna; adulto/bambino; giovane/vecchio; orientale/occidentale; alieno/umano).

Prendiamo un esempio classico: Jane Austen, nel romanzo Emma, utilizza un narratore onnisciente, che mostra al lettore delle scene in cui dai fatti è chiaro che Mr. Elton sia interessato a Emma e non alla sua amica Harriet; mentre la protagonista Emma fraintende continuamente i suoi atteggiamenti. In questo caso la funzione del narratore è quella di far capire al lettore quale sia la situazione obbiettiva, in contrapposizione con la soggettività della protagonista. L'autore non ha bisogno di dirci che Emma si sta sbagliando, perché i fatti ce lo fanno dedurre da soli.

Un altro esempio è quello de Il giovane Holden di J.D. Salinger, che è scritto in prima persona, e che coinvolge pienamente il lettore nelle avventure di Holden. Un lettore attento si rende conto che il protagonista è una persona inquieta e che ha una percezione della realtà distorta, quindi non si sognerebbe mai di attribuire quei pensieri a Salinger stesso. A meno che il lettore non si chiami Mark Chapman, e sia un fan di John Lennon.

Lo stesso vale per Nabokov con Lolita, scritto in prima persona in inglese (l'autore era russo). Se i lettori avessero dovuto pensare che l'autore fosse il narratore, sarebbe sicuramente andato in prigione per il resto della sua vita.

Un caso particolare è quello di Dostoevskij ne "I demoni": anche se il romanzo è scritto in prima persona, il narratore prende le distanze dalla storia e la racconta da esterno, a posteriori. Questo espediente evita la confusione tra i due aspetti, ma non può essere usato indiscriminatamente, perché non si adatta a ogni tipo di trama.

Vogliamo parlare di "Lettera a un bambino mai nato", della Fallaci? Chiunque l'abbia letto si renderà conto che sembra quasi impossibile dividere la voce narrante da quella dell'autrice. Eppure, il libro le fu commissionato: quindi no, non è autobiografico, al contrario di quello che il lettore ignorante potrebbe pensare.

Credere che le idee, i pensieri, i giudizi o le esperienze vissuti da un personaggio siano corrispondenti a quelli dell'autore è inammissibile. Denota non solo scarsa cultura storico-letteraria, ma anche pochezza d'animo: chi sei tu, lettore, per credere di sapere cosa pensa l'autore? Lo conosci di persona? Ci hai mai parlato? Sai qual è il suo passato, il suo percorso fino ad allora? Come ti permetti di pensare che le scene di sesso descritte siano state davvero vissute, o che abbia davvero commesso certe scorrettezze? Lo trovo estremamente irrispettoso. Sarebbe come se un cliente pensasse che, siccome l'avvocato è preparato in tema di evasione fiscale, sia uno che evade le tasse; o come se un poliziotto fosse giudicato pedofilo solo perché, per lavoro, è stato costretto a informarsi sui video che girano in quell'ambiente; oppure infine, come se una giornalista fosse considerata una poco di buono a causa di un articolo sulla vita di strada. Un inconveniente simile accade spesso agli attori: alcuni vengono generalmente confusi con i personaggi che hanno interpretato.

L'autore è colui che materialmente prende in mano la penna e scrive, mettendo il suo nome in copertina e detenendo i diritti d'autore. 
Il narratore è colui che racconta la storia scritta dall'autore, ed è una finzione creata da quest'ultimo: può essere una persona esterna che non ha nulla a che fare con la storia, oppure può far parte della storia, in maniera attiva o passiva (uno dei personaggi che ha un ruolo nella trama oppure un semplice spettatore). Può parlare in prima (forma oggi molto in voga), in seconda (molto raro) o in terza persona (forma più comune prima del 1900).
Il personaggio invece è una creazione dell'autore, ed è descritto dal narratore: agisce all'interno della storia o ne fa parte integrante (per esempio la vittima di un omicidio, che, pur essendo parte della storia, non agisce). Se è l'attore principale prende il nome di protagonista; se invece ha un ruolo pari a quello del protagonista, ma lo ostacola o ne rappresenta l'antitesi, prende il il nome di antagonista.
Narratore e personaggio coincidono soltanto nella narrazione in prima persona.
Autore e narratore coincidono soltanto nelle autobiografie, nei diari autentici (non nei romanzi che utilizzano la forma del diario), nelle lettere e nei saggi (tutto ciò che non è finzione). In tutti gli altri casi, ciò che il narratore dice o fa non può essere in alcun modo riferito all'autore.

6 commenti:

Bruno ha detto...

Convinto che la Fallaci avesse scritto di sé. Non è mai troppo tardi per imparare...

Akiko ha detto...

Questo è quello che succede quando si confondono i due piani ^_^

Unknown ha detto...

Bellissimo articolo... molto interessante. Complimenti!

Akiko ha detto...

Mai come i tuoi Emanuele :)

Unknown ha detto...

Però è anche vero che da come scrive un autore si possono capire tante cose, è inutile dire che non sia vero. E' molto più facile per uno scrittore alle prime armi parlare di cose che già conosce, rispetto a cose di cui non è a conoscenza, quindi tenderà molto spesso a fare di questi errori (e li chiamo errori, perché è lo stesso scrittore che non dovrebbe confondere i due ruoli e dopo viene il lettore). Fermo restando che condivido in pieno ciò detto dal tuo articolo.

Akiko ha detto...

Un conto è parlare di cose che si conoscono, un conto è modellare i personaggi su se stessi. Lo scrittore potrebbe anche commettere l'errore di creare un protagonista identico a sé, ma il punto è che il lettore NON sa se ciò è vero oppure no, e non deve permettersi di giudicare l'autore come persona. Per esempio alcuni hanno accusato Connie Furnari di stregoneria solo perché aveva scritto un libro sulle streghe... a me è capitato che alcuni dicessero che io sono superficiale perché lo è la protagonista del mio romanzo, che ho creato apposta così (doveva rispecchiare la nuova generazione di giapponesi). Chiunque mi conosca di me direbbe, casomai, tutto l'opposto, essendo diventata madre a 20 anni ed essendo cresciuta molto più in fretta delle mie coetanee (ma ero troppo seria anche alle medie).