“Alan
è uno dei pochi vampiri che ripudia l'idea di non essere più vivo.
Sì, lo ammette se gli si domanda; è consapevole di essere morto, ma
non ha mai davvero assimilato il concetto fino in fondo. Sono
vivo, sono vivo, si
ripete ogni qualvolta apre gli occhi dentro un orribile feretro di
non si sa chi, quando il panico lo divora. L'unica emozione che sa
ancora provare.
Ogni
fibra del suo essere rigetta la realtà, e i contatti con gli altri
vampiri gli sembrano sempre paradossali e patetici, quasi si fosse
svegliato in un mondo che non è il suo. Non è percorso da veri
sentimenti; eppure ci sono giorni in cui vorrebbe svegliarsi col sole
che gli dà addosso, senza che ciò comporti finire in un
posacenere.”
“Ci
sono tante cose che Alan sa, ma dentro di sé non accetta: non è
davvero così ingenuo da non capire la differenza tra i vampiri,
detti anche demoni, e i vivi. Un umano non può davvero perdere
l'anima. Ce l'ha incollata addosso come fosse cucita alla pelle e
anche se prova a scacciarla non se ne va. Al massimo s'insozza, si
macchia, si lacera e non è più la stessa di quando eri bambino.
Nella peggiore delle ipotesi diventa irriconoscibile, cambia forma
fino a farsi mostruosa; ma una cosa è certa: te la porti dietro fino
alla fine dei tuoi giorni, non ti si stacca cadendo pezzo pezzo. Alan
sente ancora la terribile sensazione, il presentimento che Oliver
gliel' abbia strappata via come un cerotto. Per questo lui pensa che
il suo preon sia molto bravo a dire bugie.
Ma
forse, portarsi un'anima appresso nella loro situazione, sarebbe una
condanna peggiore del non averla più: se la possedessero ancora,
quasi nessuno di loro avrebbe il coraggio di uccidere per nutrirsi.”
Da
Rosso Placebo.
La
figura del vampiro risale alle leggende nate nel Balcani e
nell'Europa dell'est. Chiamate strigoi
in
Romania e vrykolakas
in
Grecia, queste agghiaccianti creature della notte erano solite
mettere scompiglio nell'immaginario collettivo. Pensate che
addirittura si giungeva all'accusa di vampirismo, che poteva costare
la morte per chi non riusciva a scagionarsi.
In
ambito letterario/cinematografico, la creazione del personaggio
oscuro e carismatico risale al racconto breve “Il vampiro” di
John Polidori,
pubblicato nel 1819. Esso è il risultato di un'estate noiosa in cui
l'autore, non avendo nulla da fare, partecipa a una gara di
narrazioni horror, con degli amici letterati. Dalla stessa sfida
uscirà Frankenstein, di Mary Shelley.
Proprio
“Il vampiro”, getta le basi da cui va ad attingere Bram Stoker
col già menzionato “Dracula”. Quest'ultimo a sua volta
influenzerà l'intera letteratura e cinematografia successiva.
Il
senz'anima è presentato come un potente seduttore, che usa il suo
magnetismo per condurre la vittima al morso, creando un legame quasi
ipnotico con lei. Ci viene offerta da subito la visione di un uomo
virile, accattivante, di buona posizione sociale (un nobile) e colto.
Circuisce la sua preda soprattutto con uno sguardo seducente,
calamitato e con i modi di fare suadenti, accompagnati da una
dialettica a dir poco invidiabile, carismatica.
Dalle
azioni cariche di significati sessuali impliciti, Dracula arriva a
mordere la vittima, gesto da cui conseguirà la trasformazione della
stessa, in modo da perpetrare la specie.
Crudele,
spietato. Una macchina di morte.
Il
vampiro moderno capace di provare sentimenti, è un'altra storia. Un
salto culturale non indifferente.
Personalmente,
anni fa mi sono innamorata di “Buffy
l'ammazzavampiri”, serie tv del 1997. La storia narra di Buffy, una
ragazza come tante che scopre a un certo punto di essere la
prescelta, l'ammazzavampiri.
Sarà
lei dunque a tener testa alle forze del male che minacciano
continuamente Sunnydale, la sua città. I non morti qui sono un
classico: crudeli, sanguinari, spietati. C'è solo un dettaglio: lei
s'innamorerà di Angel, un vampiro che per via di una maledizione, è
costretto a tenersi la propria anima. Questo amore tormentato si
barcamenerà tra spaventosi alti e bassi, fin quando un altro di
loro, Spike, non s'interesserà alla ragazza, cercando persino di
recuperare la propria anima, solo per conquistarla.
Questo
perlomeno per me, ha segnato la svolta: trovare vampiri assassini,
stupratori, distruttori, che si arrestano di fronte al bagliore della
loro anima.
La
storia di Alan e Violet mi è balenata in testa così: come un lampo,
mentre guardavo lo spin off della serie, chiamato “Angel”. Era
una scena insignificante, non basilare, né minimamente rilevante per
il corso degli eventi, che nonostante tutto ho trovato folgorante. Mi
ha acceso qualcosa dentro.
A
dire il vero non ricordo neanche bene l'intero andamento, i
movimenti, le parole. Ricordo molto semplicemente che i protagonisti
cercano informazioni in un locale, e a lato ci sono persone buttate a
terra. Vampiri e umani che giocano in modo alquanto pericoloso,
nonché perverso: mentre gli umani sono sotto l'effetto di droghe
pesanti, si lasciano succhiare dai vampiri. La faccenda provoca ad
entrambi uno sballo, stordimento reciproco. Pericolo per tutti,
insomma.
Lì
ho cominciato a riflettere sulle creature della notte...e
l'importanza del sangue.
In
Rosso Placebo, ho deciso che proprio il sangue sarebbe stato
d'importanza determinante. Che esso avrebbe veicolato le emozioni,
che vengono succhiate alla vittima insieme alla forza vitale,
rendendo il non morto momentaneamente vulnerabile. In balia della
paura del suo stesso morso e della morte.
Pertanto,
nel presentare il vampiro, non avevo intenzione di rendere l'idea di
un essere la cui bestialità e crudeltà sarebbero passate alla
storia. No; io volevo far percepire il concetto della mancanza
d'anima e consequenzialmente di emozioni. Di vuoto completo.
Perché
a parer mio, dall'anima scaturiscono tanto la bontà, quanto la
cattiveria... e in sua assenza c'è solo un enorme nulla. Qualcosa
che va riempito.
I
vampiri, nel mio libro, non uccidono perché guidati da chissà quale
malvagità; bensì per pura necessità, per sopravvivenza e senza
rimorsi.
Dal
momento in cui Alan, messo alle strette, si ritrova ad accettare di
bere da Violet, innamorata di lui, ogni qualvolta ciò accade, egli
finisce in completa balia delle ultime emozioni della ragazza, almeno
per un po'. Da vampiro, conoscerà qualcosa di diverso dalla paura e
la rabbia, finendo sporadicamente a contraccambiare di riflesso.
Virale,
contagioso, il sangue sarà di primaria importanza e conferirà alla
giovane un vantaggio che, anche al costo di mettersi in pericolo, non
si lascerà sfuggire...
E
l'anima?
È
davvero qualcosa che svanisce e di cui si perde traccia per sempre?
Trama:
Tordemma non è una città
come le altre; nuove forze oscure minacciano i precari equilibri tra
esseri umani e demoni, portando entrambi verso un inevitabile
baratro. In un mondo tetro, freddo, che non ha molto da offrire salvo
una tiepida speranza, Violet, da sempre alla ricerca dell'amore
incontrerà Alan: un maledetto; un vampiro. Guidata da un sentimento
annientante, travolgente, dilaniante, la ragazza gli darà il suo
sangue per salvarlo. Per strapparlo alla morte certa che minaccia
costantemente ogni singola creatura, in attesa che si compia la
profezia. Che ruolo avrà La Madre negli inquietanti avvenimenti
accaduti a Tordemma? Chi scamperà alla furia del giustiziere e del
suo flagello? E soprattutto: quale sarà il significato del ciondolo
a farfalla, così vicino a Violet da illuminarsi ogni volta che si
lascia succhiare dal vampiro?
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